Ieri il premier Draghi ha telefonato il presidente russo Vladimir Putin per cercare di trovare una soluzione per la questione del grano ucraino. I porti sono bloccati e serve quanto prima trovare un modo per evitare “la crisi alimentare che si sta avvicinando e in alcuni paesi africani è già presente avrà proporzioni gigantesche e conseguenze umanitarie terribili”.
Putin nega le sue responsabilità
Il grano è in stallo da settimane nei silos fermi nei porti e rischia di andare a male. Si tratta di milioni di tonnellate che sfamerebbero decine di paesi. Nella zona orientale i porti sono bloccati dalle forze armate russe mentre il porto principale, quello di Odessa, è circondato di mine. Ma di tutto ciò, come riferisce Draghi, Putin non se ne assume la responsabilità. Anzi, secondo il presidente russo sono stati gli ucraini a mettere le mine nel porto di Odessa. Inoltre, la causa principale di questa crisi sono le sanzioni occidentali imposte alla Russia.
Per questo, alla domanda di cooperazione di Draghi Putin si dice disposto a lavorare per una soluzione per il grano ucraino a patto che l’Occidente revochi tutte le sue sanzioni. Ipotesi inaccettabile per i paesi europei. Le condizioni di Putin quindi sarebbero di continuare la guerra senza sanzioni.
Il tentativo rischioso dello sminamento
Mario Draghi propone l’alternativa di sminare il porto di Odessa con la garanzia che non avvengano bombardamenti durante lo sminamento. Di questa soluzione il premier ha detto di doverne parlare con il presidente ucraino Zelensky. Putin ha inoltre detto che per accettare questa proposta deve poter «controllare le rotte» delle navi cargo che partono cariche di grano dal porto ucraino e «sapere in anticipo i porti di destinazione», stabilire chi e che cosa può partire e quando. Un patto che non piacerà a Zelensky. Draghi ha dichiarato, infatti che «è un tentativo che potrebbe finire nel nulla, ma che mi sento di fare. La gravità della situazione ci impone di rischiare e provare cose che possono anche non riuscire».
