Imbarcazioni di scafisti sarebbero partite dal porto di Gela o dalle coste dell’Agrigentino per raggiungere la Tunisia e far immediato rientro con il “carico” di migranti. E’ quanto emerso dall’operazione ‘Mare aperto’ della polizia di Caltanissetta che ha sgominato la banda eseguendo 18 misure cautelari per associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I destinatari del provvedimento sono undici tunisini e sette italiani. Il ruolo di promotore, organizzatore e capo del sodalizio viene attribuito dagli inquirenti ad Akrem Toumi, di 48 anni, che era stato arrestato anni fa dalla Guardia di Finanza a Menfi, nell’ambito dell’operazione Skorpion Fish, e al quale la misura cautelare è stata notificata nel carcere dell’Ucciardone dove si trovava per scontare quella condanna.
Custodia cautelare in carcere anche per la moglie, Sarra Khaterchi, di 40 anni, tunisina, che si trovava a Roma, per la quale era stata disposta l’espulsione dall’Italia, e che adesso è nel carcere di Rebibbia.
I due sono difesi dall’avvocato Francesco Di Giovanna del Foro di Sciacca.
L’indagine è
stata avviata il 21 febbraio del 2019 quando all’imbocco del porto di
Gela si era incagliata una barca in vetroresina di 10 metri con due
motori da 200 cavalli. La squadra mobile della Questura di
Caltanissetta, indagando sul caso, scoprì che il natante era stato
rubato a Catania pochi giorni prima e che erano sbarcate decine di
persone presumibilmente di origini nordafricane. La polizia è
riuscita a risalire a una coppia di origini tunisine che, secondo
l’accusa, favoriva l’ingresso irregolare sul territorio italiano,
principalmente di cittadini nord africani. Nei confronti degli
indagati, secondo la ricostruzione della Procura di Caltanissetta,
“sussistono gravi indizi di partecipazione a un’organizzazione
criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina
aggravata” e che aveva “carattere transnazionale in quanto
operativa in più Stati”.
La presunta associazione per delinquere, specializzata in ‘viaggi’ per migranti, che andava a prendere in Tunisia salpando dalla costa meridionale della Sicilia, secondo quanto ricostruito dalla squadra mobile di Caltanissetta con l’operazione ‘Mare aperto’, avrebbe avuto punti strategici dislocati in più centri dell’isola, come Scicli, Catania e Mazara del Vallo. Avrebbe impiegato piccole imbarcazioni, munite di potenti motori fuoribordo, condotte da esperti scafisti che avrebbero operato nel braccio di mare tra le città tunisine di Al Haouaria, Dar Allouche e Korba e le province di Caltanissetta, Trapani e Agrigento, così da raggiungere le coste italiane in meno di 4 ore.
Secondo l’accusa avrebbero trasportato dalle 10 alle 30 persone per volta, esponendole a grave pericolo per la vita. Il prezzo a persona, pagato in contanti in Tunisia prima della partenza, si sarebbe aggirato tra i 3.000 e i 5.000 euro e il presunto profitto dell’organizzazione criminale, secondo stime investigative, si attesterebbe tra i 30.000 e i 70.000 euro per ogni viaggio.
Il 26 luglio 2020, per uno dei viaggi pianificati dagli indagati, un’imbarcazione sarebbe partita dal porto di Licata in direzione delle coste tunisine per prelevare delle persone da condurre in Italia. Solo l’avaria di entrambi i motori non ha permesso la conclusione del viaggio e il natante è rimasto alla deriva, in “mare aperto”, da qui il nome dell’operazione della polizia, e poi trovato di fronte le coste di Mazara del Vallo.
Grazie alla collaborazione della Capitaneria di Porto di Porto Empedocle e del Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza di Mazara del Vallo, è stato possibile individuare l’imbarcazione durante le fasi di rientro dalle coste tunisine, identificando così gli scafisti.