A Castelvetrano un tasso altissimo di evasori fiscali. È questa la conclusione del reportage pubblicato oggi da “La Stampa”. Sotto la lente d’ingrandimento del quotidiano torinese: tributi non pagati, mancata riscossione, concessioni edilizie e convenzioni a canoni risibili di cui avrebbero giovato anche i fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro. L’inchiesta giornalistica si basa sui dati resi noti dai commissari straordinari che, dopo lo scioglimento degli organi amministrativi per infiltrazioni mafiose, gestiscono la cosa pubblica da quelle parti. E oggi il buco fiscale è schizzato a 42 milioni di euro di cifre mai riscosse. Soldi che naturalmente hanno fatto finire il comune sull’orlo del baratro finanziario. «Nell’ultimo quinquennio il Comune – dice Salvatore Caccamo, presidente della Commissione straordinaria che amministra il Comune – ha avuto una mancata riscossione pari al 65%. Più della metà non pagavano. La lotta all’evasione, come emerge dagli accertamenti sulle caselle esattoriali, si è assestata all’1,50%. Questo significa che l’evasione era legalizzata». «Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni e questo è avvenuto regolarmente. A volte tornavano indietro – continua Caccamo – perché il destinatario, era sconosciuto o incerto, oppure perché la postalizzazione non raggiungeva gli obbiettivi che doveva raggiungere. Anche la riscossione coattiva è stata deficitaria, sempre per gli stessi motivi». A dicembre 2017 stavano per scadere 1.400 cartelle esattoriali ma stavolta la Commissione le ha nuovamente notificate interrompendo così la prescrizione. Naturalmente poi ci sono le grandi aziende: quella che ha costruito l’impianto di depurazione (debitrice per 1,7 milioni), quella che ha realizzato la rete della pubblica illuminazione (1,8 milioni) e la società che gestisce la discarica (700 mila euro). Ditte on le quali è stato stipulato un piano di rientro.
A Castelvetrano l’evasione fiscale era legalizzata. E il buco oggi è di 42 milioni di euro
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