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Comune di Sciacca

Da Cucchiara a Mangiacavallo: una battaglia lunga 14 anni per potere cambiare il nome della città da Sciacca a Sciacca Terme

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Il 2003 era agli sgoccioli, ma fu un epilogo da dimenticare per Sciacca. Il 28 dicembre di quell’anno i saccensi erano chiamati alle urne. Ignazio Cucchiara, allora sindaco, promosse un progetto che doveva culminare con una nuova denominazione della città: da Sciacca a Sciacca Terme. La legge imponeva però che per poter effettuare questa modifica occorresse un referendum. Sì, proprio quel celebre termine latino a cui, ahimè, ne corrisponde un altro: quorum. A votare andò meno del 30% degli aventi diritto. Sarebbe stato necessario, tuttavia, che ci andasse almeno il 50% più uno. A ben poco servì che il consenso di chi andò a votare all’aggiunta “Terme” accanto al toponimo “Sciacca” fosse stato bulgaro, visto che il quesito fu invalidato, nell’ambito di una campagna più o meno “carbonara” tesa, sottotraccia (ma poi mica tanto), a boicottare quella consultazione. Per ragioni di lotta politica, s’intende. Perché il successo di quel referendum avrebbe potuto dare il “la” ad una rielezione certa del sindaco al tempo in carica, Ignazio Cucchiara. E questo doveva essere impedito. Secondo Cucchiara quell’opportunità avrebbe suggellato in maniera definitiva la reale portata storico-culturale ed economica della risorsa termale di quella che era stata definita “Città Degna”. L’esito finale di quel quesito scoraggiò Cucchiara, che anche per questa avrebbe deciso di non ricandidarsi più alla guida di Sciacca. Fu, in particolare, l’atteggiamento di quel 70% dei saccensi, simbolo di indolenza e strafottenza. “Muoia Sansone con tutti i filistei”, si ama dire da queste parti. Sì, quattordici anni fa le Terme non erano certamente nella fase più esaltante della loro vita. Figuriamoci oggi, che sono addirittura chiuse. Ma era sufficiente questo problema a calpestare la storia ultramillenaria di questa città? A giudizio di Matteo Mangiacavallo, parlamentare regionale saccense, la risposta a questa domanda è no. Ed è per questo che, dopo un paio di tentativi andati a vuoto durante la scorsa legislatura, è riuscito a far approvare da Sala d’Ercole il suo disegno di legge che stabilisce che il nome della città lo si può cambiare anche solo con una delibera del Consiglio comunale. Senza referendum. Legge passata. Ora tocca al Comune di Sciacca. Certo, se nel frattempo le Terme tornassero a produrre PIL per la città sarebbe meglio. Ma la possibilità di cambiare il nome della città non è secondaria. E finalmente, con questa legge, si può rimarginare una ferita imperdonabile.

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