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Commenti. Alberto Montalbano: “La Sciacca civile isoli la Sciacca degli avvelenatori di cani”

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Inizia, con il bellissimo articolo che pubblichiamo, la collaborazione di Alberto Montalbano, giornalista e scrittore, già direttore de “L’Otto e Mezzo – Il Settimanale di Sciacca”, con il nostro giornale.
di Alberto Montalbano
Ho visto su Internet le foto delle carcasse di cane in contrada Muciare. Io, nato a Porta Bagni, lì ci sono cresciuto. Ne conosco ogni sasso, ogni pietra, ogni cespuglio, ogni scoglio. Andate al Viale delle Terme, lato vecchio ospedale. Da lì parte il sentiero che conduce alla spiaggia di Cammordino. Percorrete circa venti metri e poi guardate in alto, in direzione del Viale delle Terme. C’è una grotta scavata nella roccia. Da bambino collezionavo ossa di animali. Mia nonna, una volta, quasi ebbe un infarto quando aprì uno scaffale della mia libreria e si trovò di fronte, a fissarla, gli occhi cavi del teschio d’una mucca. Se però volevo ossa di cani, non dovevo fare altro che arrampicarmi fino a quella grotta sotto il Viale delle Terme. Ce n’erano a quantità. Era quella la grotta in cui, temporis illis, gli accalappiacani ammazzavano i cani randagi. Oggi siamo più civili, e la legge ci impone di: 1) prelevare i cani randagi 2) mantenerli a spese del comune e, se femmine, sterilizzarli 3) riportarli nel luogo in cui erano stati prelevati. È una legge civilissima. Forse troppo civile. Presuppone un contesto sociale adatto a comprenderla e a farla rispettare. Presuppone un cittadino pronto a denunciare quello stronzo del vicino di casa che anziché sterilizzare la sua cagna o castrare il suo cane, semplicemente stipa i cuccioli in una scatola di cartone e li abbandona accanto a un cassonetto dei rifiuti. Qui no, i vicini si fanno i fatti loro, salvo lamentarsi col sindaco se un branco di cani randagi staziona a pochi metri da casa loro (pur sapendo benissimo da dove vengono). Vivo in Gran Bretagna, dove i cani sono tollerati e rispettati come in nessun altro paese al mondo. Cani randagi a Londra non ce ne sono, e per due motivi. Il primo è che i vicini ti controllano. Il KGB era niente, al confronto. Un tipo in bicicletta una volta mi fermò e mi chiese, con tono inquisitorio: “Ho visto il tuo cane che correva per strada da solo, ieri. Tutto a posto?” Il secondo motivo è che in Gran Bretagna, come in Francia, paesi notoriamente incivili, i cani randagi li abbattono. Dopo una settimana di permanenza nel canili, microcippati o no, l’abbattimento è a discrezione del canile. In Italia no. Noi siamo brava gente e pretendiamo che i sindaci siciliani spendano centinaia di migliaia di euro l’anno, che ovviamente non hanno, per mantenere centinaia di cani randagi. Fingendo di non sapere che queste povere bestie moriranno comunque, e di morti orribili, nel giro di due anni (se non vengono avvelenate prima). Moriranno di fame, di freddo e per lo più di leishmaniosi. Ciò non toglie che quelle immagini su Internet facciano impressione. Davvero. Cerchi Sciacca su Google e i primi venti link (Wikipedia a parte) ti rimandano alle foto orribili di quei cani morti accatastati ai margini di una strada. Qualunque turista scriverà Sciacca su Google prima di prenotare una vacanza, piaccia o meno, s’imbatterà in quelle foto. Sono un saccense con una certa conoscenza della materia. Dei cinque cani che avevo, tre sono morti per avvelenamento. Giocoforza, sono diventato un esperto. Cassio fu il primo dei miei cani a essere ammazzato. Lo chiamammo Cassio perché avevamo già una trovatella. Su casa nostra c’era la costellazione di Cassiopea, così lei divenne Pea e lui Cassio. Era buonissimo e di un’intelligenza quasi umana. Un giorno mi misi a far girare una corda e tutti gli altri cani presero a inseguire il capo più lontano. Lui no. Lui si fermò e cominciò a fissarmi. Io pensavo, ma che è scemo? e lui invece fece la cosa più intelligente. Anziché inseguire la corda mi saltò addosso e afferrò l’altra estremità. Quella che tenevo fra le mani. Non me lo scorderò mai. Stavano assieme, Cassio e Pea, quando lui morì. A salvare Pea fu la sua diffidenza per gli uomini. Col cavolo che si mangiava la vostra polpetta avvelenata. Cassio invece pensava di essere un uomo e di potersi fidare. Povera bestia. Quando Cassio non tornò a casa, Pea ululò tutta la notte. Erano cresciuti insieme. Pea ce la siamo portati a Londra. L’unica sopravvissuta agli avvelenamenti. È morta di cancro. In una clinica, sedata e mentre l’accarezzavo. Moriremo tutti prima o poi. È il modo che fa la differenza. In caso d’avvelenamento, se non hai acqua ossigenata, devi prendere un imbuto, riempirlo di sale e ficcarlo nella gola del cane, poi devi versarci dell’acqua e costringerlo a ingerire la salamoia fino quasi a farlo soffocare. Devi continuare finché non vomita l’anima. M’è capitato di doverlo fare nove volte in meno di due anni. L’ultima ero al telefono con Calogero Gennaro, il mio veterinario, che mi spiegava come fare al mio cane non so quale iniezione. Quando il cane tornò a respirare non riuscivo a smettere. Tremavo e piangevo come un bambino. Pochi giorni prima avevo trovato Pasquale, un randagio che s’aggirava nella zona, in una pozza di vomito e feci nella veranda di casa. Morto. Mi svegliarono i guaiti delle mie cagne. Aveva mangiato un boccone avvelenato ed era venuto a morire dove si sentiva protetto. Ma io ho il sonno pesante, non mi accorsi di nulla e non fui capace di salvarlo. Da quel giorno (da dieci anni), ho smesso di mettere i tappi per le orecchie prima di andare a dormire. Pasquale era pacifico, timido e assolutamente innocuo. Non faceva parte di nessun branco, non era un pericolo per nessuno, ma qualche saccense si sentì tuttavia in dovere di liberare il mondo dalla sua presenza. Sono sicuro che qualche vicino sa chi ha lasciato la polpetta avvelenato che ha ammazzato Pasquale. Nessuno, però, fu in grado di dirmi nulla. Una legge sbagliata non giustifica chi si fa giustizia da soli. Quando Socrate bevve la cicuta, la bevve lui, non la fece bere ai suoi cani. Esistono due Sciacca. Una Sciacca civile e una Sciacca di avvelenatori di cani. La parte civile dovrebbe isolare quell’altra, anziché difenderla (sia pure involontariamente) in un mal riposto senso di solidarietà cittadina. La parte civile di Sciacca non dovrebbe solo dire: “Io non avveleno i cani”, ma dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere per fare arrestare la carogna che ha avvelenato quei cani. Ve lo dico da saccense che ama la sua città come solo un emigrante può fare: non difendete il colpevole nell’illusione di difendere l’innocente. Non è così che funziona.
                                                                        Alberto Montalbano

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