Lettera dalla figlia del primo deceduto agrigentino:”Anche mia madre con febbre altissima, un altro calvario senza la giusta assistenza”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera indirizzata ai giornali da parte della figlia del primo signore deceduto nella provincia. Si tratta di un uomo di 87 di Ribera che e’ rimasto contagiato al Giovanni Paolo II di Sciacca e poi trasferito e spirato all’ Umberto I di Enna.

La figlia nella missiva che pubblichiamo nei suoi passaggi piu’ significativi, ripercorre la vicenda che ha interessato lei e in particolare anche la madre che in questi giorni ha avuto febbre alta e problemi respiratori e ancora in attesa di esito di un tampone.


” Ribera, 6 aprile 2020
Mi chiamo Francesca Liberto e ritengo doveroso rappresentare una gravissima situazione che ha riguardato i miei cari genitori:
Sin dal 19 marzo 2020, in seguito al risultato positivo al Covid-19 del tampone effettuato su mio padre il giorno prima presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Ribera, dove era stato portato a causa delle precarie condizioni di salute in data 17 marzo, e tristemente noto alle cronache come il primo deceduto con coronavirus a Ribera, dopo aver contratto il virus presso il Nosocomio di Sciacca dove era stato ricoverato dal 28 febbraio 2020 al 7 marzo presso il reparto di Medicina Generale, (ma di questo si parlerà in altra sede), noi familiari siamo stati posti in quarantena e costantemente in contatto con il medico di famiglia e con il medico responsabile, del Servizio Igiene Pubblica del Comune di Ribera;
Nei giorni del 21 e 22 e soprattutto dal 23 marzo mia madre ha avuto la febbre altissima (oltre 38,5 e con punte fino a 39,5) con tremori, brividi, astenia e difficoltà varie, mentre i farmaci prescritti (tachipirina) avevano un effetto molto blando;
Giorno 24 marzo ho comunicato al medico di famiglia ed al medico del Servizio di Igiene Pubblica che mia madre stava peggiorando, che la febbre era sempre molto alta e soprattutto aveva forti brividi che la scuotevano tutta e versava in uno stato di ingravescente malessere;
Su consiglio di entrambi i medici provvedevo pertanto di prima mattina a contattare il 118 essendo ormai chiaro che si trattava di infezione da Covid-19, ma l’operatore del 118 mi diceva che bisognava “parlare” al medico di famiglia e quest’ultimo, sempre più allarmato perché consapevole per la situazione di impasse, mi invitava a ricontattare il medico del Servizio di Igiene, perché anche lui si trovava in quarantena precauzionale dopo aver visitato a casa mio padre;
Contattavo quindi quest’ultimo medico, il quale si attivava per richiedere con urgenza il necessario ricovero e di lì a poco in effetti arrivava l’ambulanza del 118, che verso le ore 10,00 prelevava mia madre per portarla prima presso il nosocomio di Sciacca al fine di stabilizzarla e, conseguentemente, presso l’Ospedale di Marsala, per il successivo ricovero nel reparto dedicato ai pazienti Covid-19;
Sennonché verso le ore 11:30 ricevevo una telefonata direttamente da mia madre, con la quale la stessa mi comunicava che l’ambulanza la stava riportando a casa senza alcun tipo di cura, presidio o cautela medico-sanitaria;
Poco dopo venivo contattata del medico del Servizio di Igiene, il quale mi rappresentava che al pre-triage di Sciacca, ove mia madre era stata portata, le avevano soltanto controllato i parametri (temperatura e saturazione dell’ossigeno nel sangue) e che sulla base di essi era stato deciso di non ricoverarla in quanto la struttura sanitaria (presso la quale doveva essere ricoverata), aveva rifiutato il ricovero in assenza di un tampone faringeo positivo;
Gravissima risulta la circostanza che il medico di turno che aveva presa in carico mia mamma al pre-triage non aveva ritenuto necessario effettuare il tampone previsto in questi casi, né effettuare alcuna radiografia al torace né, per quanto a mia conoscenza, fare analizzare il sangue prelevato dal medico dell’ambulanza, il quale è stato l’unico ad avvicinarsi alla paziente nel tempo in cui la stessa è rimasta a bordo dell’ambulanza, senza nemmeno essere portata all’interno del Nosocomio saccense;
Incredibilmente quindi, contravvenendo ai protocolli sanitari, agli obblighi di legge, alle disposizioni emanate dagli Organi sanitari e financo al buon senso, mia madre veniva riportata presso la propria abitazione senza alcun presidio medico o sostegno terapeutico, per modo che la febbre continuava a salire, fino a toccare i 39,1 e oltre;
Il successivo 25 marzo la temperatura corporea era sempre molto alta, mia madre era sempre più in affanno, presentando tremori e forti brividi e addirittura nella notte fra il 25 e 26 marzo la febbre toccava la preoccupate punta di 39,7;
Benché a partire da tale momento e grazie alla mia assistenza continua ed all’antibiotico che di concerto il medico di famiglia ed il medico del Servizio Igiene avevano deciso di somministrare, anche a causa della discesa della saturazione al di sotto del range normale (che è di 90%), la situazione è andata leggermente migliorando;
Giorno 26 marzo finalmente veniva effettuato il tampone faringeo domiciliare, contestualmente a quello della sottoscritta che risultava negativo, come comunicatomi telefonicamente il lunedì successivo;
Contrariamente al risultato del tampone di mia madre, del quale ancora a tutt’oggi non sappiamo nulla ed in relazione al quale mi premuravo di inviare una richiesta a mezzo pec, in ultimo al Direttore Sanitario F.F. dell’ASP di Agrigento, per richiederne esiti e copia dei risultati, dal che deriva una inaccettabile incertezza in ordine alla fine della quarantena di mia madre, oltre che del conseguente mio rientro (in sicurezza) in seno alla mia famiglia, composta oltre che da me e mio marito, anche da due figli minori.
Oltre ad essere incredibile quanto capitato a mia madre, per non parlare di quanto successo a mio padre che si era recato presso l’Ospedale di Sciacca per essere curato e ne è uscito infetto e compromesso (dopo un primo tampone eseguito il 6 marzo con risultato negativo) tanto che poi spirava presso l’Ospedale di Enna privo della presenza e del conforto dei suoi cari, risulta inaccettabile che coloro che risultano preposti alla cura e alla tutela della salute dei cittadini abbiano posto in essere gravi condotte. È chiaro che sono addolorata in primo luogo per la perdita del mio caro padre e per la situazione che la mia famiglia ha vissuto e continua a vivere, così come sono preoccupata per le condizioni di salute di mia madre, tuttavia sono parimenti angosciata per quello che malauguratamente potrebbe succedere se la situazione sanitaria precipitasse nel pericolo di una espansione dell’epidemia nei confronti della collettività, degli anziani come dei più giovani, con le strutture e taluni preposti che ci ritroviamo.
Ecco perché mi riservo di tutelare le ragioni e i diritti di mia madre e di mio padre avanti alle sedi competenti, sia per evitare che in futuro possa capitare ad altri quanto successo a noi, sia per fare ascrivere le correlative responsabilità agli gnorri o incapaci di turno.
Grazie per l’ospitalità.
Francesca Liberto”

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