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Smart working, Sicilia prima regione d’Italia con quasi 8 mila dipendenti che lavorano per via telematica

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“Questo è il dato assoluto più alto d’Italia”, ha affermato l’assessore regionale alla Funzione Pubblica Bernadette Grasso. La Sicilia, dunque, detiene il primato per numero di dipendenti collocati in regime di lavoro agile. 

Anche i siciliani sono ligi al dovere ma, ai tempi del coronavirus, svolgono il loro lavoro per via telematica. Lo smart working ha prodotto, in Sicilia, dei risultati eccellenti dal momento che, proprio l’isola, detiene il primato nazionale in tal senso. “Fin dall’inizio dell’emergenza coronavirus – ha evidenziato l’assessore regionale alla Funzione Pubblica Bernadette Grasso –  il governo regionale, guidato da Nello Musumeci, ha compiuto uno sforzo deciso per mettere in campo lo smart working negli uffici. Abbiamo subito varato ben tre specifiche direttive per garantire la sicurezza del personale, contenere il contagio e riorganizzare il lavoro da casa, vigilando sui Dipartimenti e prevedendo specifica valutazione dei comportamenti di dirigenti e lavoratori”. E così i numeri hanno dato conto e ragione su tutto. La Sicilia, infatti, stando ai dati trasmessi dal ministero della Pubblica Amministrazione, è la prima regione in Italia per numero di dipendenti collocati in regime di lavoro agile. “Lo Smart working sarebbe da continuare a preferire al lavoro in ufficio nel caso in cui fosse possibile”. E’ quanto trapela da alcune linee guida dell’Inail, contenute nel documento tecnico sulla Fase 2 con le misure di contenimento e prevenzione nei luoghi di lavoro nell’ambito dell’emergenza Coronavirus. “Questo risultato eccellente – prosegue l’assessore regionale Grasso – premia la buona volontà di tutta la macchina burocratica isolana e ci motiva ad andare ancora avanti su questa direzione. Ben 7800 unità di personale svolge la propria funzione per via telematica ed è il dato assoluto più alto d’Italia, mentre occorre precisare che la percentuale complessiva dell’Isola si attesta sul 60 per cento per l’incidenza sul dato di lavoratori come custodi dei musei e forestali, non ricompresi nello smart working”.

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