Un anno senza Lidia, l’infermiera di Sciacca uccisa dal Covid

“Erano le 15.57 di un anno fa quando mi hanno comunicato che non c’eri più. Ricordo il fragore della prima sedia che ho visto e ho lanciato contro la finestra. Per me era impossibile una cosa del genere: come potevi non esserci più? E tutti noi? Non mi aveva convinto neanche la morte cerebrale di qualche giorno prima perché il tuo cuore era forte ed io a quello mi aggrappavo ma poi ha ceduto anche lui. E noi siamo rimasti in balia degli avvenimenti senza tuttora riuscire a comprendere dove sei finita”.

Sono queste le parole con cui Giusy Liotta ricorda oggi, ad un anno di distanza, la sorella Lidia, una delle prime vittime del Covid di Sciacca. Lidia Liotta aveva 55 anni e da venti lavorava in una Rsa di Predore a Bergamo. Dei venticinque anziani ospiti della struttura, a marzo dello scorso anno, sono morti in dieci più il sacrificio di Lidia che di Villa Serena ne era la caposala e nonostante stesse gia’ male , aveva deciso di rientrare al lavoro per portare assistenza ai suoi “nonnini” che avevano evidenti sintomi Covid. I suoi familiari l’avevano pregata di non tornare a lavoro, ma Lidia che aveva un fortissimo spirito di abnegazione e’ tornata a fare i suoi turni.

“A distanza di un anno – continua la sorella Giusy – continuano ad arrivare riconoscimenti per te, d’altronde 15 persone sono vive grazie a ciò che hai fatto”.

La storia di Lidia Liotta ha suscitato profonda commozione a Sciacca dove la famiglia Liotta e’ molto conosciuta e dove la stessa Lidia trascorreva le vacanze estive con i fratelli e le cognate e dove sognava di tornare a vivere una volta smesso di lavorare.

“A distanza di un anno – conclude Giusy- non è cambiato molto, ancora guardo il telefono per controllare se c’è un tuo messaggio e continuo a sentirmi in colpa. E manchi così tanto a tutti…”

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