Anche omicidi del passato e altri da fare nei dialoghi tra Nicosia e Dimino, anche imprenditori saccensi nel mirino della coppia fermata

Ancora sono le discussioni tra Antonello Nicosia e Accursio Dimino a suscitare clamore e i loro progetti e intenti emergono da una delle tante discussioni tra i due che gli inquirenti sono riusciti a intercettare.

Antonello Nicosia parlava sempre con il capo mafia saccense e dai loro dialoghi emergono anche le azioni delittuose del passato che Dimino, più anziano e più in quota nell’organigramma della famiglia mafiosa saccense, al più giovane Antonello può svelare.

I due, in una delle intecettazioni, parlavano dell’omicidio di Giuseppe Bono, ucciso in contrada Chiana di Sciacca il 3 dicembre 1998, omicidio che non ha ancora trovato i responsabili. Dimino raccontava che Bono, suo “compare”, era entrato in contrasto con Cosa Nostra all’epoca in cui Salvatore Di Gangi, “il vecchio”, era latitante. Lo stesso Di Gangi, sebbene ricercato, aveva in qualche modo avuto un ruolo nel delitto ordinato per questioni legate al furto delle armi della cosca mafiosa di Sciacca. E Dimino racconta a Nicosia : “… perché lì c’era discussione forte sia con quelli che con cosa… perché lì, sono spariti ottanta pezzi… di quelli pezzi grossi sono spariti… noialtri un patrimonio ci aviamu spinnuto … oltre 150 milioni ci erano costati… ne erano arrivate tre casse”.

Anche un omicidio eccellente nei racconti dei due: è quello del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, compiuto ad Agrigento il 4 aprile del 1992 e che dalle intercettazioni sarebbe attribuile tra i cinquanta/sessanta compiuti da Salvatore Fragapane. Fragapane è stato condannato all’ergastolo assieme a Josef Focoso e Gerlandino Messina, cugini di Nicosia.

Ma non solo fatti delittuosi del passato quelli che emergono tra i due, ma nuovi inquietanti misfatti che i due progettavano e che aveva posto al centro della loro attenzione anche altri imprenditori. Un omicidio da compiere all’estero, quello di Paolo Cavataio, imprenditore del settore ittico-conserviero di Sciacca, “il più ricco di Sciacca” secondo i due, “un’altra cosa inutile”, dicevano di lui. “… Facciamocelo un giro lì in Marocco e ce lo chiamiamo”. Nicosia voleva eliminarlo perché “gliela dobbiamo togliere” l’impresa. Dimino gli ricordava che in caso di morte sarebbero subentrati i figli.

Nicosia aveva anche qui il suo piano: “ Levarlo di mezzo”, facendo credere che si trattasse di una questione di donne: “… Poi quando è successo… e ha l’amante e ha quello… capace che ha toccato qualche femmina di qualcuno”. Dimino sarebbe stato quello a passare all’azione: “…Lo faccio io, l’importante che lo prendiamo”.

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