L’inchiesta “Nuova Cupola” condotta nel 2012, avrebbe scardinato la nuova costituente famiglia mafiosa agrigentina, il processo agli esponenti di Cosa Nostra agrigentina, approderà nuovamente in Cassazione il prossimo mese di marzo, per la seconda volta dopo che la Suprema Corte, un anno e mezzo fa, si era già pronunciata sulle posizioni di alcuni degli indagati, ma disposto un ulteriore passaggio in appello.
Dopo l’appello bis, sono state impugnate, le posizioni di Gaspare Caparezza, accusato di estorsione ed assolto, quella di Leo Sutera, sambucese, ritenuto il capo di Cosa Nostra agrigentina, successore dell’altro capo mafia, Giuseppe Falsone.
La condanna, per lui, inflitta è stata a 3 anni, ma il Procuratore Generale aveva chiesto di aumentare la pena ritenendo sussistente l’aggravante del riciclaggio delle risorse economiche.
Pene più severe in appello pure per Francesco Ribisi, 35 anni di Palma, e Giovanni Tarallo, 32 anni, di Santa Elisabetta. Per il palmese, ritenuto il numero due di Cosa Nostra, i giudici della Cassazione, la prima volta, avevano accolto in parte il ricorso dei difensori e disposto una nuova valutazione su alcune attenuanti e sul calcolo della pena. Al tempo stesso, però, il processo era stato rimandato in Corte di appello per valutare la sussistenza dell’aggravante del riciclaggio: il pg aveva chiesto di aumentare la pena da 13 anni a 16 anni e 10 mesi: i giudici di appello gli hanno inflitto 15 anni e 4 mesi e la difesa adesso chiede una riduzione.
Identica la posizione di Tarallo, considerato collaboratore fidato di Ribisi, che in appello era stato condannato a 13 anni e 6 mesi: all’appello “bis”, invece la condanna ha previsto quindici anni.