Dal risultato elettorale regionale di domenica scorsa nel collegio agrigentino è venuta fuori anche la sostanziale bocciatura del ruolo, per certi versi debordante, avuto in questi anni dalla politica nel mondo della Sanità. È come se gli elettori avessero detto basta alle commistioni, agli apparati di potere e a tutto quanto ha fatto finire sotto i riflettori l’assistenza ai malati e il funzionamento degli ospedali più per gli equilibri di potere nel combinato disposto tra politici, manager e camici bianchi piuttosto che per l’effettiva necessità di dar corso alle richieste vere dei territori. Ad Agrigento, in particolare, l’elettorato ha chiuso d’imperio e in maniera netta un ciclo. Dopo il trasferimento di Salvatore Lucio Ficarra dalle contrade agrigentine a quelle ragusane, anche il suo maggiore sponsor politico, Michele Cimino, ha dovuto prendere atto di un risultato elettorale che lo ha visto sconfitto. Sconfitti con lui anche Salvatore Cascio e Vincenzo Fontana, conoscitori (e non solo in quanto medici) degli equilibri tra il ruolo della sanità pubblica e la politica. A livello regionale è stato mandato a casa anche Pippo Digiacomo, presidente della Commissione Sanità. L’unico che ce l’ha fatta a rientrare a Sala d’Ercole è stato Baldo Gucciardi, ultimo assessore del governo Crocetta, che, non si può negare, con le ultime scelte strategiche contenute nella nuova rete ospedaliera ha sicuramente dato dei segnali concreti alla sanità della “sua” provincia di Trapani. Da queste parti agli atti formali non sono ancora seguiti quelli sostanziali. C’è un nuovo commissario straordinario, Gervasio Venuti, che non si sa “che fine” potrà fare. Per dire come la politica, in proiezione spoyl system, continui a mettere in soggezione un intero apparato, quello che sovrintende al funzionamento dell’organizzazione degli ospedali. Fanno discutere, negli ultimi giorni, alcune decisioni riguardanti le nomine di primari facenti funzione. Due quelli che da Licata sono stati destinati a Sciacca: in ortopedia (il dottor Tulumello) e in cardiologia (il dottor Ciotta). Un tema oggetto di polemiche e di ricorsi annunciati, creando forti tensioni all’interno dei reparti interessati. Sul tema abbiamo chiesto un commento a Franco Giordano, medico in pensione, già sindacalista Anaao e componente del Comitato civico per la Sanità: “Il contratto – spiega Giordano – prevede che in caso di assenza del primario lo sostituisca il medico dotato dei maggiori titoli in base ad una graduatoria stilata annualmente. Questa sostituzione – ragiona il medico – per i primi sessanta giorni non da’ luogo a nessuna indennità accessoria. Superati i sessanta giorni scatta un’indennità mensile”. Ne consegue, stando a questo ragionamento, che l’incarico di facente funzioni dovrebbe essere conferito per un massimo di 6 mesi, rinnovabili per un altro semestre in attesa dello svolgimento del concorso per la selezione del nuovo primario. “Per esibire momentanee economie di spesa, da far valere come indicatore di performance nella valutazione periodica dei direttori delle ASP – riflette il dottore Giordano – è diventata consuetudine fare ruotare i facente funzioni prima che scadano i 60 giorni di incarico, per evitare che scatti l’obbligo di corrispondere l’indennità prevista dal contratto. Ma, anche, per evitare tensioni nei reparti dovute al fatto che, essendo finora bloccati i concorsi, si creerebbero condizioni di momentaneo privilegio per chi, svolgendo funzioni superiori, si ritroverebbe con un maggiore vantaggio curriculare rispetto a chi, magari, non aveva gli appoggi per farsi conferire l’incarico secondo norma”. E così, il tacito accordo nella stragrande maggioranza dei reparti e’ avvenuto, a giudizio di Giordano, procedendo a bugiarde rotazioni di 60 giorni all’interno dei reparti, ben sapendo che se uno stesso medico ruota per due turni di 60 giorni è ovvio che avrebbe diritto all’indennità prevista, ma la cosa viene momentaneamente congelata ed eventualmente risolta a posteriori con un ricorso al Giudice del lavoro. Nel frattempo chi ha svolto le mansioni può fregiarsi del titolo di ff ed eventualmente utilizzare, giustamente, l’anzianita’ maturata per aggiornare il proprio curriculum. “Questa procedura molto bizantina – conclude Giordano – può rappresentare un’autentica trappola ad orologeria per i medici che la subiscono. Non e’ un mistero che molti di loro accettino questa posizione anomala, sobbarcandosi pesanti responsabilità, senza nessuna contropartita economica, nell’illusione di potere guadagnare titoli al momento dello svolgimento delle procedure per la selezione della figura primariale. I sindacati da tempo sembrano essersi stancati di denunziare questo malcostume, che presenta molti profili di mala gestione della cosa pubblica. Accade cosi’ che le loro funzioni in questi anni siano state vicariate dagli onorevoli, o dai loro uomini di fiducia,che si prodigano per sollecitare questa o l’altra delibera, evitando di affrontare il problema vero: lo sblocco dei concorsi e la trasparenza oltre che la riqualificazione dei criteri di nomina dei direttori di struttura”.