Era stato coinvolto circa vent’anni fa, in una inchiesta giudiziaria per traffico di stupefacenti e per questo Antonello Nicosia conosceva il carcere. Dopo quella esperienza in cella e dopo aver scontato la sua pena, l’impegno per le condizioni dei detenuti era diventato uno scopo di vita tanto da essere diventato direttore dell’osservatorio internazionale dei diritti umani (Oidu).
Nicosia, pedagogista e laureatosi durante la detenzione in Scienze della formazione multimediale con una tesi proprio sul trattamento penitenziario viene accusato – dai magistrati della Dda di Palermo – di associazione mafiosa.
E’ stato eletto per due anni componente del comitato nazionale dei Radicali italiani. Per i pm sarebbe vicino all’ala di Cosa Nostra che fa riferimento al boss latitante Matteo Messina Denaro.
Nel curriculum allegato al sito dell’Oidu elenca esperienze nella formazione professionale in particolare nella progettazione di corsi per svantaggiati sociali e disoccupati. Sempre nel curriculum si dice “assistente parlamentare” e “docente a contratto nella scuola pubblica come esperto nei corsi Pon”. Nel 2011 è stato coordinatore del progetto “La tavola multiculturale” attività a favore della formazione e dell’integrazione degli immigrati.
Nicosia indica tra i suoi titoli quello di ricercatore presso l’Invalsi, istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, e quello di insegnante di Storia della mafia nell’università della California.
Per i pm, oltre a portare all’esterno i messaggi dei mafiosi che incontrava durante le sue visite in carcere, avrebbe gestito gli affari del clan in America e riciclato denaro sporco.
E’ proprio lui l’uomo-chiave dell’intera operazione “Passepartout” insieme ad una vecchia conoscenza della famiglia mafiosa saccense, Accursio Dimino, detto “matiseddru”, arrestato e condannato per mafia nell’ambito di inchieste giudiziarie di un certo spessore, già quattro volte.
Nicosia avrebbe negli ultimi anni intensificato la sua attività e la sua battaglia per le condizioni nelle carceri italiane aderendo al gruppo dei Radicali e la sua collaborazione con la parlamentare Occhionero, oggi Italia Viva ed ex Leu, gli avrebbe consentito di incontrare diversi boss detenuti in istituti di pena di alta sicurezza, come quello di Tolmezzo.
Dalle intercettazioni emerge un identikit di Nicosia agghiacciante: nelle conversazioni intercettate, l’esponente Radicale sottolineava il vantaggio di entrare negli istituti di pena insieme alla deputata in quanto questo genere di visite non erano soggette a permessi. Da alcune intercettazioni emergerebbero anche progetti di omicidi. L’inchiesta, condotta da Ros e Gico, è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Francesca Dessì.
L’intercettazione choc viene fuori mentre Nicosia è in macchina con un esponente nazionale, come lui, dei Radicali e transitando nei pressi del “Falcone e Borsellino di Punta Raisi”, Nicosia diceva: “All’aeroporto bisogna cambiare il nome”. Perché? si chiedeva il suo interlocutore, Alessio Di Carlo, con non poco stupore. “Bisogna cambiarlo”, insisteva Nicosia. Di Carlo dissentiva. Credeva che Nicosia ne facesse un problema di immagine per la Sicilia: “Non va bene Falcone e Borsellino? Dici perché evocano la mafia…”.
Ma perché dobbiamo spiegare chi sono scusami, perché dobbiamo sempre mescolare la stessa merda”. A suo dire non si doveva neppure ricordare il magistrato vittima di un “incidente sul lavoro”: “Ma poi quello là non era manco magistrato quando è stato ammazzato Falcone. Aveva già un incarico politico”.