Aveva trascorso il suo ultimo Ferragosto a Sciacca prima di ripartire per raggiungere la base di Ghedi come tante altre estati. I fuochi del quindici in piazza poi un abbraccio agli amici di sempre, quelli di una vita, quelli con cui trascorreva le vacanze. Sceso da un Caccia o da un Tornado, Giuseppe Palminteri non era piu’ un capitano dell’Aeronautica Militare italiana, lavoro che amava tantissimo, ma era un giovane ironico e divertente che parlava di musica e progettava i prossimi viaggi di piacere. In volo ne aveva attraversati tantissimi di Paesi, dalla Libia all’Afghanistan, la sua vita nei cieli del mondo lo riportava sempre qui poi nella villetta familiare vicino la spiaggia di Renella. E così quel 19 agosto del 2014 quando le prime agenzie stampa battevano la notizia che due Tornado del sesto stormo dell’Aeronautica militare si erano schiantati in volo durante una esercitazione, drammaticamente, nei cieli piceni, nessuno degli amici e della sua famiglia aveva messo in conto di non rivedere più il sorriso di Peppe. Doveva essere per forza li’ da qualche parte, ferito ma vivo, su quella zona collinare boschiva priva di abitazioni tra le località di Casamurana, Tronzano e Poggio Anzù, si continuarono a ripetere tutti per ore, in attesa di notizie. Poi l’indomani il ritrovamento dei corpi durante le ricerche. Altre tre le vittime di quel tragico schianto di cui ancora a distanza di anni non si conosce tutta la verita’. Oltre a Giuseppe Palminteri, morirono nel disastro aereo Mariangela Valentini, Piero Paolo Franzese e Alessandro Dotto. Tutti giovanissimi piloti italiani.
Il papà di Giuseppe, Stefano Palminteri, non ha mai smesso di chiedere giustizia mentre il processo giudiziario va avanti lentamente con due piloti sotto processo.
Una borsa di studio e’ stata dedicata dall’Aeronautica italiana in memoria del giovane pilota che e’ sepolto nel cimitero di Sciacca.