Cronaca / Attualità

A Muciare c’era cibo ogni giorno e senza fatica. Ecco perché tutti questi cani in un luogo tutt’altro che accogliente

Diamo per definitivo che quello che è accaduto a Muciare è un reato da perseguire, e che la mattanza di cani uccisi dalle polpette avvelenate ha generato scalpore anche sul livello della stessa sensibilità generale.

Nessuno, però, in questa fase così concitata della vita pubblica di Sciacca, si è domandato come fosse possibile che un gruppo talmente numeroso di cani randagi si fosse concentrato tutto proprio in località Muciare. Che non è certamente un “salottino”. Cercheremo di ragionare su questo.

Stiamo parlando di un’area assolutamente degradata, circondata da vecchi capannoni industriali, ricettacolo di rifiuti e sporcizia varia. Un luogo tutt’altro che ospitale, dunque. Sia per l’uomo, sia per l’animale. Un’area dalla quale, normalmente, perfino i cani se ne sarebbero scappati. Eppure non l’hanno fatto. Al contrario: hanno eletto quella zona a luogo di ritrovo privilegiato. Perché?

Non è così difficile dare una risposta alla domanda. È stato qui, infatti, che per lungo tempo i cani randagi che vagavano per la zona hanno potuto soddisfare il loro bisogno principale: nutrirsi. È stato qui che, giornalmente, un’attivista animalista, persona molto sensibile e che merita ogni rispetto, intendiamoci, ha portato da mangiare a questi animali. Un’abitudine, la sua, che però a poco a poco ha popolato l’area di cani randagi, inevitabilmente attratti dalla disponibilità quotidiana di cibo. L’animale per sua natura va a cercare il cibo. Se glielo portano è chiaro che non si muove più. È questo l’ambito nel quale il criminale di turno ha avuto gioco facile a fare questa incetta di randagi, uccisi con l’insetticida.

La stessa concentrazione di cani, come a Muciare, è avvenuta, e potremmo dire che continua ad avvenire, anche in altre aree della città, tra cui a San Calogero. Che, a differenza di Muciare, non è certo un luogo degradato, anzi.

I cani sono randagi perché dovrebbero vagare per il territorio. Se, invece, scelgono una zona dove fissare la propria dimora, smettono di essere randagi. E se scelgono una zona dove fissare la propria dimora è perché c’è chi porta loro da mangiare. Tutti i giorni, encomiabilmente, perché questa attivista il cibo per gli amici animali lo compra coi suoi soldi. Eppure anche questo genera e alimenta il fenomeno del randagismo e della concentrazione di un numero a dir poco spropositato di cani.

Da tempo il servizio veterinario pubblico pone al centro dell’attenzione proprio questo problema. Ma non c’è una norma che impedisca al privato cittadino di sfamare i randagi, e Sciacca non ha nemmeno un’ordinanza. Anche perché ordinanze emanate in altre parti d’Italia (ad esempio in Puglia) sono state oggetto di ricorsi presentati (e vinti) alla giustizia amministrativa da alcune associazioni animaliste, che contestavano i predetti divieti.

Siamo dunque al punto. Il randagismo è un fenomeno che deve tornare a livelli fisiologici, sia attraverso un potenziamento dell’anagrafe canina (quanti proprietari di cani non hanno mai microchippato né sterilizzato i loro animali?) sia per mezzo dell’intensificazione delle sterilizzazioni. Ma per fare le sterilizzazioni i cani bisogna pur “catturarli”, e si sa che la stessa attività di accalappiacani, per quanto pietosa, non è solo difficile, ma talvolta sarebbe stata oggetto di forti contestazioni da parte di taluni animalisti.

Sono temi, questi, che non sfuggono certo agli animalisti veri, quelli rappresentati da quelle associazioni che cercano di capire il problema, e che studiano le soluzioni migliori, come ha mostrato di fare la stessa Associazione Nazionale Tutela Animali, che recentemente in un convegno che si è svolto al Comune di Sciacca è tornata ad avanzare la proposta di costruire, a zero spese per l’ente pubblico, un rifugio sanitario che organizzi e gestisca l’ospitalità dei randagi raccolti sul territorio attraverso un programma di sterilizzazioni che riduca sensibilmente, nel rispetto della dignità dell’animale, il fenomeno del randagismo.

Ecco perché la campagna diffamatoria e denigratoria sia contro i singoli, sia contro l’intera popolazione di Sciacca dopo quanto successo a Muciare, è ingiusta e indecorosa. Se invece di insultare si potesse discutere, ci si potrebbe confrontare. Ma l’obiettivo è complicato da atteggiamenti e approcci al problema fondati sull’ideologia. A ciascuno le sue responsabilità.

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