Il nove luglio, data di costituzione della societa’ consortile in provincia di Agrigento sara’ una giornata fatidica secondo Intercopa anche se macchiato da una vicenda ancora non chiara.
"Dovrebbe, infatti, - commenta con una nota Franco Zammuto, coordinatore del movimento, dovrebbe essere il giorno – il condizionale è d’obbligo – della costituzione e quindi della nascita dell’Azienda Speciale Consortile, società interamente pubblica che sostituirà la commissariata e fallita Girgenti Acque nella gestione del servizio idrico in provincia di Agrigento. Anni di battaglie per conseguire un risultato sperato e agognato, che senza l’impegno e le denunce dei comitati e delle associazioni, costituitesi spontaneamente fra cittadini di buona volontà, non si sarebbe sicuramente conseguito. Anche perché - non è un mistero - la stragrande maggioranza dei comuni sarebbe voluta tornare al privato o, quantomeno ad una SpA a capitale misto pubblico e privato. Purtroppo però, come in tutte le cose che si ottengono nella nostra, viene da dire maledetta, terra, è impossibile che una battaglia limpida e condotta alla luce del sole si concluda con una vittoria piena. La macchia ci deve essere sempre. Come certamente si è appreso dai media, dell’Azienda Speciale faranno, infatti, parte 35 comuni meno gli 8, prima erano 16, che da sempre si sono rifiutati di concedere le loro reti e le loro fonti invocando il diritto di appartenere a quei comuni che potrebbero beneficiare dei diritti previsti dalla legge 152/2006, art 147, comma 2/bis. Per evitare dubbi, equivoci e perplessità, riteniamo sia necessario riportare interamente tale articolo fondamentale:
“ Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve:
1. a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148;
2. b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti.
- Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
Bene, sulla scorta di questo articolo, InterCo.Pa si chiede come sia possibile che comuni sprovvisti di fogne e depuratori possano avere i requisiti minimi per ottenere l’applicazione dell’art 147. Allo stesso modo come possono pretenderlo comuni che non hanno fonti pregiate, sorgenti ricadenti in parchi o aree naturali protette o in siti individuati come beni paesaggistici?
Già in origine non avevano e non potevano avere alcun titolo. I cosiddetti comuni “ribelli”, denominazione che la stessa Inter.Co.PA ha creato, hanno, però, potuto invocare ed applicare l’art.147 perché le loro fonti non appartenevano al vecchio sconquassato carrozzone “EAS” e nemmeno le numerose diffide di Girgenti Acque, dell’ATI e poi dei commissari prefettizi della Girgenti Acque riuscirono a farli rientrare, secondo le previsioni di legge, all’interno dell’ex ATO, ciò a riprova che nessuno ha loro mai riconosciuto il diritto di rientrare nelle categorie previste dall’art. 147 citato. Salvo la mala/politica, il volemose bene, e… finché la barca va lasciala andare, principi che spesso, purtroppo, si insinuano e determinano l’andazzo nelle cose di Sicilia. Un esempio di mala/politica è stata la legge regionale n. 2 del 2013, con la quale la Regione Sicilia, in un processo di riordino dei sistemi di ambiti territoriali, all’art. 6, ha, fra l’altro, disposto “nelle more dell’approvazione della legge di cui al comma 5, i comuni che non hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio integrato, continuano con la gestione diretta”. Articolo che se fosse stato impugnato dal Commissario dello Stato sarebbe stato certamente dichiarato incostituzionale, considerato che i comuni interessati non avevano nessuno dei requisiti dell’art. 147, comma 2bis. In ogni caso l’applicazione di tale magnanima disposizione si sarebbe dovuta interrompere a seguito dell’approvazione della legge regionale 19/2015 che oggi, a parte le parti impugnate dallo Stato e dichiarate incostituzionali, regola l’organizzazione nell’isola della gestione del Sistema del Servizio idrico integrato. Proprio nella fase del riordino dei sistemi di ambito territoriale avviene un fatto clamoroso quanto paradossale. O forse è la spiegazione di tutto. l’Assemblea elegge presidente dell’ATI un sindaco “ribelle” dei comuni non consegnatari!!!! Chissà perché!!
Le questioni di principio portate avanti vittoriosamente dai comitati e dalle associazioni di cittadini sono tante, come l’avere ottenuto la risoluzione del contratto con la Girgenti Acque, l’avere ottenuto la costituzione dell’unica ATI operativa in Sicilia e soprattutto, se giorno nove luglio sarà costituita l’Azienda Speciale Consortile, la provincia di Agrigento sarà l’unica provincia d’Italia, dopo la città di Napoli, ad avere l’acqua interamente pubblica e …scusate se è poco…
Legittimo allora mostrare soddisfazione per i risultati fin qui ottenuti, ma al contempo non potevamo non denunciare l’aspetto deleterio dal tenere fuori dalla costituenda Azienda alcuni comuni agrigentini senza che alcuno dei 35 ne chieda le ragioni. Continueremo quindi con le altre organizzazioni, comitati e associazioni nel nostro impegno per la legalità e per la legittimità di tutti gli atti, soprattutto in questioni di vitale importanza come quelle riguardanti la gestione di un bene prezioso come l’acqua”.