Il Tar di Catania ha rigettato il ricorso presentato contro l’assessorato alla Salute della Regione Siciliana da alcune persone alle quali era stata somministrata la prima dose del vaccino anti Covid-19 senza essere in lista ed averne titolo. A queste persone, dunque, non sarà effettuata la seconda dose di vaccino come deciso dalla Regione per “non premiare i furbetti”.
Il provvedimento cautelare è stato emesso, in forma monocratica, dal presidente della quarta sezione del Tribunale amministrativo regionale. L’udienza collegiale si terrà l’11 marzo prossimo. Il giudice sottolinea che “non risultano evidenze scientifiche di eventuali rischi derivanti dalla mancata somministrazione della seconda dose, se non quello della possibile inefficacia del vaccino, effetto che riporterebbe i ricorrenti alla situazione precedente a quella determinata dall’aver avuto accesso alla prima dose, pur non avendone diritto”.
Inoltre, ritiene il giudice amministrativo, “non c’è alcuna evidenza scientifica che l’effetto della prima dose vaccinale possa perdurare nel tempo, tenuto conto anche che nelle informazioni relative all’utilizzo del farmaco pubblicate sul sito dell’Ema, addirittura in caso di sovradosaggio, e non sono state indicate reazioni avverse”. “Occorre, prima di ogni cosa, garantire – sottolinea ancora il giudice amministrativo – il regolare proseguimento della campagna vaccinale nei confronti degli aventi diritto e non premiare i “furbetti”.
“La decisione del TAR Catania – ha evidenziato il presidente della regione siciliana Musumeci – conferma la nostra valutazione e il valore non solo etico della scelta adottata. Siamo impegnati nella fase più importante della emergenza, quella della vaccinazione, e non sono ammesse scorciatoie. Da domani si parte anche in Sicilia con AstraZeneca e spero che presto riusciremo ad avere più dosi di vaccino per mettere in sicurezza tutti gli anziani, le persone fragili e le categorie più esposte. Mi aspetto che tutti facciano il loro dovere e che i risultati raggiunti nella vaccinazione sulla popolazione sanitaria possano essere un modello da replicare”.