Correva l’anno 1995, e l’allora Assemblea Regionale Siciliana, ispirata da una bella battaglia (di quelle che ancora si potevano combattere) all’epoca portata avanti congiuntamente dai deputati regionali saccensi in carica, Siso Montalbano e Pasquale Mannino, istituiva l’Azienda Ospedaliera di Sciacca. Si trattò di uno straordinario passo in avanti, che in breve qualificò la sanità saccense, con un budget autonomo e con la possibilità, pur con qualche inevitabile criticità (a partire dall’immancabile condizionamento politico fatto di nomine e centri di potere) riuscì, comunque, a diventare in breve tempo un’eccellenza del territorio. Un’avventura finita poi nel 2009, immolata sull’altare del piano di rientro, operato a colpi di scure e con l’accorpamento all’Asp di Agrigento. Quell’accorpamento che, in meno di un decennio, ha fatto retrocedere l’ospedale di Sciacca, collocandolo su posizioni mortificanti, sia in termini strutturali, sia dal punto di vista della qualità dei servizi erogati, nell’ambito di una battaglia continua nei confronti di una struttura centrale che ha sottratto, disperso e impoverito le capacità produttive, di rendimento, di efficienza e di vitalità dell’ospedale. Oggi i parlamentari regionali sono chiamati a rilanciare la battaglia di ventitré anni fa. C’è un territorio omogeneo che merita di ottenere un riconoscimento organizzativo che permetta la riconquista di una centralità e di un livello superiore di credibilità e certezza dei servizi sanitari. Occorre una nuova azienda ospedaliera, che comprenda gli ospedali di Sciacca e Castelvetrano, che potrebbero davvero trasformarsi in nuove eccellenze del territorio. È una battaglia che va fatta, perché solo con un regime di autonomia e di superamento di una gestione agrigentocentrica, potrà far tornare negli utenti la fiducia ormai sopita verso la sanità pubblica del territorio.