Scatta domani il Carnevale di Sciacca 2018. Sarà il primo, dopo anni di sostanziale monopolio, “senza” Salvatore Monte al timone. E, diciamocelo con tutta franchezza: c’è già chi si è seduto davanti al fiume in attesa che passi il cadavere del nemico. Parafrasando Humphrey Bogart si potrebbe dire: Questo è il carnevale, bellezza. E tu non ci puoi fare niente. Sì, perché attorno alla festa si suggella, quasi come un destino ineluttabile, tutto e il contrario di tutto: dallo spirito di comunità alle stesse divisioni tra famiglie. Se non come gli appartenenti alle contrade del Palio di Siena, poco ci manca. E sul carnevale si gioca (manco a dirlo) soprattutto la battaglia politica. Lo scenario è quello che si potrebbe sintetizzare con l’immagine dei protagonisti della vita pubblica mentre giocano a poker con la pistola sotto il tavolo. In un contesto nel quale Filippo Bellanca si è incaponito nel volere dimostrare, tagliando il centesimo di euro, che la festa costerà meno di quelle organizzate dal suo predecessore. È triste pensare che il termometro del consenso nei confronti del potere siano gli applausi (o al contrario i fischi) l’ultima notte di carnevale. Ma così è se vi pare. In gioco non c’è solo la continuità della tradizione e di un pezzo consistente di cultura popolare. No, in gioco c’è un quadro nel quale attorno al Carnevale ci si accapiglia e si litiga. E quando non si riesce ad avere ragione si organizzano le danze della pioggia. E quando il gioco si fa duro ecco che arrivano perfino le lettere anonime di “impavidi moschettieri” (sic!) a denunciare coraggiosamente segreti di Pulcinella solo per il gusto, per la miliardesima volta, di far morire Sansone con tutti i Filistei.
Scatta il Carnevale, microcosmo della Sciacca comunitaria ma (soprattutto) litigiosa, termometro del consenso
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