E’ un vero atto di accusa quello contenuto nella lettera aperta indirizzata agli agrigentini, a firma di dieci cardiologi, tutti dell’unità specialistica del San Giovanni di Dio di Agrigento.
Medici che con questa missiva prendono posizione rispetto le decisioni dell’Azienda sanitaria di Agrigento.
“Nel reparto di Cardiologia di Agrigento – scrivono – è obbligato a subire le troppe mancanze ed emergenze croniche del sistema sanitario provinciale.
E questo cosa comporta?
Un detto siciliano che ben può far comprendere la situazione ai cittadini è: “Si spoglia la chiesa per guarnire la sacrestia”.
Noi cardiologi di Agrigento vogliamo prima di tutto rivolgerci alla popolazione, alla nostra utenza, e spiegare chiaramente cosa accade.
L’Unità dell’ospedale “San Giovanni di Dio”, diretta dal dott. Giuseppe Caramanno, viene smembrata, cioè mandata a lavorare altrove a 30-50 km dalla propria residenza.
Significa che con la scusa di un’emergenza, ormai permanente, i medici, del reparto di Cardiologia di Agrigento, subiscono:
-ripetuti ordini di servizio per coprire i turni del reparto di cardiologia a Licata (all’Ospedale San Giacomo d’Altopasso”) dove i medici di ruolo sono soltanto due e mai ci potrà essere un organico completo perché nessun giovane medico è disposto ad andarci a lavorare.
-continue chiamate d’urgenza per supplire il turno di un collega della cardiologia (dell’Ospedale Barone Lombardo) di Canicattì in malattia. (D’urgenza perché si ha appena un’ora di tempo per “scappare” ed arrivare a Canicattì)
-ulteriori turni nel reparto Pronto Soccorso di Agrigento. Perché da quando è stato aperto il Pronto Soccorso di Ribera il personale di Agrigento è stato comandato altrove.
I cardiologi nella missiva individuano anche possibili soluzioni. ” Tante volte – continuano a scrivere – si è discusso di questo problema. Ma oggi lo vogliamo guardare da un altro punto di vista: il nostro e quello dei cittadini.
Non importa se l’Azienda Sanitaria o la Politica festeggiano nell’inaugurare nuovi spazi come Ribera o nel mantenere i reparti di Cardiologia Licata e Canicattì.
Bisogna ripensare l’organizzazione degli ospedali nella nostra provincia dove, per porre fine alle criticità ataviche che li affliggono, sarebbe sufficiente potenziare la rete territoriale delle emergenze-urgenze molto più efficiente nella gestione delle patologie tempo-dipendente come l’infarto miocardico acuto.
Noi vogliamo continuare a lavorare con tutta la serenità che il nostro delicato lavoro richiede.
Noi vogliamo essere un’eccellenza ed una certezza per la popolazione: una garanzia.
Noi vogliamo essere parte attiva di un reparto operativo al cento per cento.
Noi vogliamo essere esonerati dal lavoro in altre strutture, la cui esistenza non è prevista dalle vigenti leggi.
Esprimiamo dunque disagio ed assoluta preoccupazione. Non ci compete parlare di zone speciali o presidi di prossimità. Ma quello che sappiamo è che un reparto di Cardiologia non è una guardia medica. La popolazione deve essere certa di andare in un posto che non sia per forza il più vicino che non coincide spesso con il più efficiente, perché gli standard quantitativi non permettono di raggiungere prestazioni qualitative adeguate, aumentando il rischio clinico.
Non dobbiamo essere noi a sottolineare che prima di inaugurare un nuovo spazio occorre essere certi che siano presenti due fattori : utilità e numero personale adeguato
Non dobbiamo far sì che “gli eventi” ci mettano contro i nostri stessi colleghi. Ma non comprendiamo perché, ad esempio, non venga previsto un accorpamento tra Licata e Canicattì. E ancora una volta, può un reparto di cardiologia privarsi di tre medici e di oltre 400 ore mensili di lavoro?
Ed adesso – concludono – vi chiediamo: che reparto di Cardiologia volete ad Agrigento? Perché noi rivogliamo il nostro”.