Lo sfogo di Giuseppe Cutrò, figlio dell’imprenditore di Bivona, testimone di giustizia di Bivona, e’ rivolto al ministro Salvini. Il figlio dell’imprenditore ha deciso di rivolgersi al ministro dell’Interno, per reclamare giustizia dopo il decreto di diniego della richiesta del porto d’armi. Richiesta gia’ negata in passato perche’ inserito come figlio di testimone nel programma di protezione che prevedeva la scorta.
“Non è – ha scritto il ragazzo – mio solito scrivere, solitamente è mio padre a denunciare ciò che ci accade. Sono Giuseppe Cutrò, figlio di Ignazio, l’imprenditore che ha denunciato la mafia ed è divenuto Testimone di Giustizia. Una Giustizia piena di ingiustizie, oggi cosa voglio raccontarvi? La voglio raccontare agli italiani, ma vorrei fare arrivare il mio sfogo al ministro Salvini. Non avrei voluto, per tutelarmi e non sbandierare mie situazioni personali, però è doveroso raccontare in questa Sicilia aspra e affranta.
Ieri, mi è stato notificato un decreto di diniego per il porto d’arma corta per difesa personale; istanza che avevo presentato il 19 maggio 2018 e che solitamente richiede 120 giorni. Ho richiesto nuovamente il rilascio, dopo che la scorta dei carabinieri ad incolumità mia e della mia famiglia era stata revocata, prima me lo negarono poiché appunto asserivano che “fossi protetto”.
Un decreto di diniego orientato sul fatto che si ritiene non vi sia attualità del pericolo, riportante la data del 15 aprile; notificato ma già nullo poiché l’iter amministrativo prevedeva un ulteriore passo prima del decreto di diniego: il preavviso di diniego ai sensi dell’art 10 bis della L 241/90 e che la Prefettura di Agrigento ha omesso, così non permettendomi di partecipare al procedimento amministrativo e negando un mio ulteriore diritto. Non è il primo caso, e non è la prima volta, mi appello al Ministro Salvini, io non ho le somme per pagarmi il ricorso al TAR, però ritengo di essere esposto a rischio e ritengo che, a questo punto, la mia posizione non è stata approfondita con le dovute cautele; forse non è neanche la prima volta, e forse anche quella dei miei familiari? Se con il gessetto scriviamo sulla lavagna e poi passiamo la spugnetta, rimangono le tracce, figuriamoci se la mafia dimenticherà mai quello che la mia famiglia ha fatto, nella normalità, e quello che lo Stato gli ha tolto per causa nostra. C’è una certa discrezionalità in materia di armi, si parla di legittima difesa, ma qui a mio avviso si tratta di diritto negato, accessibile solo a chi economicamente può affrontare un ricorso al TAR. Ministro, lei che può far rivalutare l’istanza, e che si batte ogni giorno per gli Italiani, intervenga sul mio caso, e la prego di approfondire, poiché lei ha gli strumenti e rappresenta, appunto, il Ministero che può ribaltare questa situazione”.