“Voglio dire con estrema – scrive in una nota Giuseppe Carini, l’uomo che con la sua testimonianza fece arrestare alcuni boss di Brancaccio dopo l’omicidio di don Pino Puglisi – chiarezza che la revoca delle speciali misure di protezione a Ignazio Cutrò e la revoca totale della scorta alla sua famiglia è una vera porcata. La gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti”.
Carini pone nuovamente l’attenzione sul caso Ignazio Cutrò, l’altro testimone di giustizia agrigentino al quale qualche mese fa, è stata revocata la scorta.
“Ho appena appreso la notizia che Giuseppe Nugara capomafia di San Biagio Platani – dice Carini, preoccupato per la revoca delle misure di protezione – è ritenuto un boss pericolosissimo tanto che è stato applicato il regime di carcere duro “il 41 bis”. Questa persona è la stessa che intercettata dai carabinieri nel corso dell’operazione della mafia della montagna diceva di volere uccidere Ignazio Cutrò non appena lo Stato si sarebbe stancato di lui e gli avesse tolto la scorta.“
Nel 1995, Giuseppe Carini entrava nel programma di protezione a seguito delle sue testimonianze contro mandanti ed esecutori dell’omicidio Puglisi. Aveva solo 25 anni e da allora vive sotto copertura. Ignazio Cutrò, invece ha rifiutato sempre di cambiare identità e ha scelto di continuare a vivere nel paese in cui è cresciuto
“Il Ministero degli interni – conclude Carini – la Prefettura di Agrigento, la DDA di Palermo e la Direzione Nazionale Antimafia continuano a fare finta di nulla. Ignazio Cutrò è solo, la famiglia Cutrò è senza alcun dispositivo di protezione. Non possiamo stare zitti. Il nostro silenzio è complice.