Una donna, di 60 anni, era arrivata al pronto soccorso dell’ospedale palermitano in codice rosso ed è stata subito assistita. Purtroppo, però, è deceduta circa un’ora dopo il suo ricovero e non c’è stato più nulla da fare. La violenza dei familiari si è scatenata immediatamente distruggendo anche apparecchiature importantissime.
Il pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo è stato distrutto. Distrutto dalla rabbia di chi non ha accettato la morte di un proprio caro. Distrutto dalla violenza di chi non si è rassegnato di fronte alla morte. La morte di una donna di 60 anni, arrivata in condizioni disperate presso il nosocomio palermitano e morta dopo un’ora e dopo i ripetuti tentativi messi in atto per salvarla. “Sono state distrutte apparecchiature importantissime e costose, sottraendole alla collettività. E non saranno recuperate in un tempo breve” ha commentato Massimo Geraci, primario del pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo. “La signora in codice rosso – racconta il dottore Geraci – è stata assistita subito. Si è tentato di tutto, ma, purtroppo, nell’arco di un’ora, si è verificato l’esito doloroso. In quello stesso momento è accaduto quello che sappiamo. I vigilanti sono stati bravissimi a proteggere i colleghi e credo che qualcuno di loro abbia beccato un pugno. Qui non c’entrano né il sovraffollamento, né i problemi dei pronto soccorso che, ovviamente, non costituiscono mai un alibi per atti violenti. Piuttosto, sui social ho letto commenti assurdi, del tipo: se la sono cercata. Ecco, questo ci fa male e ci addolora. Sono state devastate apparecchiature importantissime che, di fatto, verranno sottratte, per un certo periodo di tempo, alla collettività”.
“Devastare un pronto soccorso, presidiato da guardie giurate, è un atto violento, sconsiderato, insopportabile. Non si può giustificare con il dolore per la scomparsa di un proprio congiunto, arrivato in gravissime e disperate condizioni.” E’ quanto scrive su facebook l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza. “Il pronto soccorso – scrive – come l’ospedale in genere, è un luogo di sofferenza e di speranza, di vita e di morte. Non possiamo inneggiare agli eroi in camice e poi farci sopraffare dalla emotività che diventa violenza. Ai medici e operatori del Civico di Palermo va il mio sentimento di solidarietà”.