Due partiti in uno: sembra essere questo, almeno al momento, il PD siciliano, che dopo la querelle a colpi di accuse reciproche sui quattro voti andati a Gianfranco Miccichè, ha litigato anche sull’indicazione di Giuseppe Lupo alla carica di capogruppo. Certo, non è stata d’aiuto a stemperare gli animi l’offerta fatta dal presidente dell’Ars di sostenere un nome dem per una poltrona all’interno del Consiglio di presidenza. A qualcuno è sembrato quasi il completamento di una sorta di do ut des, dopo avere incassato i voti necessari. Fatto sta che l’accordo c’è stato, e Nello Di Pasquale (il candidato di bandiera dei renziani per la poltrona più importante di Sala d’Ercole) è stato eletto tra i segretari. Renziani che, tuttavia, dal canto loro, ricordano che Di Pasquale aveva avuto 7 voti, tanti quanti sono i componenti di questo raggruppamento. “Io continuo a non capire perché i franchi tiratori saremmo stati noi”, continua a ripetere il parlamentare saccense Michele Catanzaro. Ai renziani non sta andando giù l’atteggiamento definito da maestrino di Antonello Cracolici. Il quale, anche sull’elezione del capogruppo, si sarebbe incaponito proponendo Anthony Barbagallo solo allo scopo, sostengono i renziani, di provocare ulteriori rotture, visto che lo stesso ex assessore al turismo sa di essere stato tirato in ballo in modo strumentale, ben sapendo che l’orientamento prevalente era quello di eleggere a presidente del gruppo parlamentare l’ex segretario regionale del partito, cosa che poi è avvenuta. Anche se solo con il voto di 6 parlamentari su un totale di 11. Sarà difficile per Lupo, con questi chiari di luna, ricomporre il raggruppamento.