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La parabola di Ficarra, manager permaloso e allergico alle critiche

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“Se alla fine lo hanno trasferito davvero allora vuol dire che il Pd conta ancora qualcosa”. È così che oggi un attento osservatore della vita pubblica commenta la destituzione, decisa dall’Assessorato regionale alla Sanità, nei confronti di Salvatore Lucio Ficarra. Che, dunque, dovrà lasciare Agrigento. Nuova destinazione: Ragusa. Il tentativo in extremis di proteggerlo messo in atto dal suo mentore politico Michele Cimino, stavolta, è andato a vuoto. Eppure fino a poche ore prima sembrava scontato che, alla scadenza dell’incarico di direttore generale (ossia tra quarantotto ore), l’incarico di Ficarra al vertice della Sanità agrigentina si sarebbe semplicemente trasformato in commissariamento straordinario. Un’ipotesi contro la quale, però, la segreteria provinciale dei Democratici non aveva esitato a schierarsi, definendola “preoccupante”, stilando un bilancio negativo di questi anni di gestione da parte del manager. Una critica che Ficarra non ha gradito, e alla quale (figurarsi) ha deciso di replicare a muso duro. Lo ha fatto definendo sostanzialmente i suoi detrattori “cani che abbaiano”, pur nella cornice cinquecentesca affidata alla citazione letteraria dal Don Chisciotte di Miguel de Cervantes. Reazione, quella di Ficarra, stavolta eccessiva. Non sapremo mai se sia stata decisiva nella scelta finale del Governo di trasferire il direttore generale a Ragusa. Ma il sospetto è legittimo. Ne è scaturito un caso politico. Tanto più che Sicilia Futura (il partito di Michele Cimino) ha già parlato di decisione senza senso, e a pochi mesi dalle prossime elezioni la rottura nella coalizione che sostiene il governo Crocetta potrebbe essere dietro l’angolo. Ma ieri anche Giovanni Panepinto si era scomodato per dire che Ficarra non sarebbe dovuto rimanere un minuto di più a capo dell’Asp di Agrigento. E così, 3 anni dopo la sua nomina a capo dell’Asp di Agrigento, Salvatore Lucio Ficarra, funzionario particolarmente permaloso e allergico alle critiche, dovrà dunque fare le valigie. Non c’è dubbio che al suo insediamento avesse ereditato una situazione particolarmente difficile sul piano organizzativo ed economico finanziario. È riuscito a mettere ordine, soprattutto nei conti, in una Sanità pubblica giocoforza votata al risparmio. Ne sanno qualcosa gli utenti. Ficarra, tuttavia, non è mai riuscito a convincere, soprattutto questo territorio, che la sua gestione dell’Asp non fosse agrigentocentrica e fortemente condizionata dal potere politico. Ha litigato apertamente con chiunque denunciasse le carenze funzionali dell’ospedale di Sciacca, lamentando addirittura danni d’immagine, diffidando così i giornalisti e arrivando perfino a querelare chi, come il portavoce del Comitato civico per la Sanità di Sciacca Ignazio Cucchiara, aveva portato a conoscenza della collettività i limiti dell’assistenza sanitaria presso il Giovanni Paolo II. Ma adesso Palermo ha deciso per l’avvicendamento, contravvenendo così all’ultimo minuto all’impostazione che negli ultimi tempi era sembrata prevalere, ossia quella di una conferma in blocco dei manager uscenti nelle Asp siciliane. Solo Ficarra e un altro direttore generale, Maurizio Aricò (da Ragusa a Palermo), sono stati spostati di sede. Si tratta, non a caso, dei funzionari della Sanità più criticati dalla politica.

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