Si è svolta davanti al tribunale del Riesame di Palermo l’udienza fissata per decidere sulla richiesta di scarcerazione di Alfonso Tumbarello, medico di Campobello di Mazara che ha avuto in cura per due anni il boss mafioso Matteo Messina Denaro durante la latitanza, e Andrea Bonafede, cugino e omonimo del geometra che ha prestato l’identità al capomafia.
La Procura, rappresentata dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo, ha chiesto il rigetto dell’istanza difensiva e ha depositato nuove carte a carico dei due indagati. Secondo i pm, Bonafede si sarebbe occupato di ritirare le prescrizioni di farmaci ed esami clinici fatte da Tumbarello a nome del cugino, di consegnare al medico la documentazione sanitaria che di volta in volta il boss riceveva durante le cure, contribuendo così a mantenere segreta la reale identità del paziente e consentendogli di proseguire la latitanza.
Tumbarello, invece, avrebbe assicurato a Messina Denaro l’accesso alle cure del Servizio Sanitario Nazionale attraverso un percorso terapeutico durato oltre due anni, con più di un centinaio di prescrizioni sanitarie e di analisi (o richieste di ricovero) intestate falsamente al geometra Andrea Bonafede, mentre in realtà a beneficiarne era il capomafia, assistito personalmente e curato dal dottore.
Tumbarello avrebbe così garantito al padrino non solo le prestazioni necessarie per le gravi patologie di cui soffriva, ma anche la riservatezza sulla sua reale identità. I legali dei due indagati, accusati rispettivamente di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico e favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati, hanno ribadito che Bonafede e Tamburello non erano a conoscenza della vera identità del paziente. Il tribunale si è riservato di decidere.